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lunedì 27 luglio 2015

Dalle passerelle al grande cinema: i 47 anni di Maria Grazia Cucinotta

Messinese, attrice, produttrice e regista, oltre che modella, Maria Grazia Cucinotta nasce a Messina il 27 luglio 1968. Conosciuta nel mondo per aver recitato ne «Il postino», al fianco di Massimo Troisi, il grande attore napoletano che per primo le diede fiducia con un ruolo intenso e indimenticabile. Facendo di lei una delle attrici più amate dal grande pubblico 
Maria Grazia Cucinotta (Messina27 luglio 1968) è un'attriceproduttrice cinematograficaregista e modella italiana[1].
È conosciuta internazionalmente per la sua partecipazione, accanto a Massimo Troisi, al film italiano Il postino e per essere comparsa nel film di 007 Il mondo non basta.
Negli Stati Uniti è nota anche per le sue esperienze come produttrice (ad esempio in All the Invisible Children e Last Minute Marocco).

martedì 21 luglio 2015

Why Sam Mendes Thought Daniel Craig As James Bond Was A Terrible Idea

After playing cinema’s most famous secret agent for nearly a decade, the legacy of Daniel Craig as one of the best James Bonds  is certainly already cemented. However, back in the day his casting was initially met with pessimism from certain segments of the fanbase. Interestingly enough, Sam Mendes, the director of the series’ upcoming entry, Spectre, reveals that he also thought Craig was wrong for the role.

In an interview with The BBC, Mendes looks back on a rather fascinating change of opinion going back to the initial proposal within industry circles that Daniel Craig was inheriting the James Bond mantle from Pierce Brosnan. With snarky memes referring to Craig as "James Blonde" after it went public, the proposal was not widely seen as an auspicious acquisition, a sentiment that Mendes, who even had a working history with Craig, once shared. As he explains:
I had cast Daniel Craig in this film I made in Chicago called Road To Perdition about 15 years ago, and it was his first big American film. The role of Bond came up four or five years later and I was called by Entertainment Weekly, a showbiz publication, and they said 'your old friend and collaborator Daniel Craig has been suggested as Bond, what do you think?' and I said 'terrible idea – he shouldn't do it'. For me at the time I thought Bond had become the opposite of what Daniel is – a slightly disengaged, urbane jokey eyebrow-raising, you know, a pastiche in a way, and I felt Daniel's reality and his passion and honesty as an actor would not work.
It turns out that Mendes’ doubts were more of a testament to his respect for Craig, who performed in his 2002 directorial effort, Road to Perdition. He believed that the flat, living caricature into which the James Bond character had devolved by the end of Brosnan’s tenure left the role as something that did little to elevate Craig as an actor. While Brosnan had proven himself to be a great portrayer of Bond, the series, by 2002’s Die Another Day, had become a juvenile and superficial showcase of pseudo-technology and plot points that were equally nonsensical. Thus, it was hardly the kind of platform that he wished to see his former collaborator showcase his acting talents.

Fortuitously enough, Craig saw the potential in the script adapting Ian Flemming’s very first James Bond story, Casino Royale. With the directorial talents of Martin Campbell returning to franchise after having impressed with Brosnan’s debut in 1995’s GoldenEye, Craig’s coming out party with Casino Royale in 2006 was a success. The film was a much-needed gritty, action-infused reinvention of the franchise. Likewise, the powerful, angst-filled, tragedy-prone presence of Craig’s rendition of the high-rolling, martini-sipping globe-trotter with a license to kill silenced most of the initial doubters. Mendes openly counts himself as one of those folks who now stand corrected on that particular point.

After providing the James Bond franchise a bit of a thematic upgrade of his own with the celebrated, $1 billion-earning Skyfall in 2012, Sam Mendes is spending his days putting the final touches on what he claims will be his last Bond effort with Spectre. With the title providing all the indication one needs, it’s clear that this next film will be a game-changing moment for Craig’s tortured Bond, as he will come face-to-face with a modernized take on the classic killer cabal and its yet-to-be-revealed mastermind.

Spectre will see Daniel Craig’s James Bond use one of Q’s fancy gadgets to slash away at the sinister tentacles of the titular organization when it hits theaters on November 6. 

giovedì 16 luglio 2015

Il cinema italiano vivacchia e aspetta il ritorno del salvatore della patria, Checco Zalone

Come sta il cinema italiano? Meglio gettare la maschera e chiederci esplicitamente: “Checco-sa vogliamo?”. Semplice: Zalone. Nel 2014 non c’è stato un Sole a catinelle a issarsi sulle spalle il comparto, e il box office abbandonato da Checco ha pianto miseria. Nulla di drammatico, perché il Nostro fa film comici e perché c’era da aspettarselo: senza i film-evento la gente al cinema non va, si è persa l’abitudine, oggi serve l’occasione, altrimenti streaming, download (più o meno legali) e social network rappresentano validissime alternative al theatrical. Che serve? Uno Star Warssotto l’albero (l’attesissimo Il risveglio della forza diretto da J.J. Abrams, in uscita il 16 dicembre) oppure un Jurassic World, che ha già rastrellato un miliardo e 470 milioni di dollari in tutto il mondo (14 milioni di euro da noi): film, anzi, filmoni catalogabili nei blockbuster e, prima, annoverabili nei must-see, quelli che tutti, ma proprio tutti devono vedere.
In attesa del promesso salvatore della patria – Quo vado? di Zalone arriverà il 1° gennaio 2016 con Medusa – possiamo però incassare timidi segnali di ripresa nel primo semestre 2015: da gennaio a giugno, più di 51 milioni di spettatori, con una crescita del 5% sul 2014, e oltre 330 milioni di euro, con un incremento del 9,4% (Cinetel). Non solo, come appena svelato a Ciné, i distributori dell’Anica e gli esercenti di Anec e Anem possono contare su un mese di giugno ringalluzzito: 5 milioni di presenze, uno in più dello scorso anno (+23,7%), e più di 32 milioni di incassi, con uno scarto positivo di oltre 8 milioni di euro (+35%). Insomma, una timida schiarita la si intravede, ma ci possiamo fidare? A giudicare dal 2014, no: 574.839.395 euro l’incasso globale, che segna un -7,04% sul 2013 e un -5,69% sul 2012; 156 milioni di spettatori contro i 188 del 2013 e i 153 del 2012. Flessioni pesanti, parzialmente attenuate se, anziché questi dati Cinetel (1.065 cinema monitorati), consideriamo i 5.100 schermi del rilevamento SIAE: -4,95% gli spettatori e -4,5% gli incassi del 2014 sul 2013. Stigmatizzare la decrescita infelice è la scarsa attrattività dei titoli in top 3, top 5 e top 10: nel 2014 hanno fatto rispettivamente 34, 39 e 64 milioni, perdendone ben 41, 54 e 60 sul 2013. Ribadiamo, il film-evento non è importante, è tutto: “Il pubblico non ha tradito, a tradire semmai è stata l’offerta, priva nel 2014 di film-evento”. Lo afferma Redento Mori, curatore del Rapporto “Il mercato e l’Industria del Cinema in Italia”, giunto alla settima edizione. Editato da Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni Culturali e Fondazione Ente dello Spettacolo, analizza il territorio e delinea una carta buona per non perdersi e, possibilmente, ripartire sulla strada giusta: il primo ad averne bisogno è il cinema italiano, passato in un anno dal 31,16% al 27,76% di quota di mercato. Possiamo fare di peggio, e lo faremo presto: “Nel 2015 la fetta di mercato dei nostri film – dice Nicola Borrelli, direttore Cinema del MiBACT – rischia di scivolare al 22%, sotto la media europea. Che vogliamo fare, invertire la rotta, con la collaborazione di tutti gli attori della filiera, o continuare a vivacchiare?”. La seconda che ha detto, perché i vasi comunicanti non abitano qua, il cinema fatto in Italiaoggi ha un titolo d’elezione, Io sono un autarchico: investitori stranieri in fuga (-47% sul 2013), co-produzioni in caduta libera (7 nel 2014, erano 34 nel 2009!) e sempre più povere (2,53 milioni di euro il costo medio del 2014, erano 7 nel 2013).
Non c’è da stupirsi, dunque, se ci riscopriamo piccini piccini: i 69 film d’iniziativa italiana prodotti con budget inferiore a 200mila euro rappresentano il 36% del totale (194), i 25 costati oltre tre milioni e mezzo solo il 13%. Chiariamo, poveri ma belli non è la via d’uscita, al contrario, il nostro “minimismo” produttivo, e ancor prima ideativo e creativo, ha poco a che fare con la bellezza e la qualità: servono strategie, servono sinergie, soprattutto, servirebbe unire le forze per un obiettivo comune. Per esempio, che dire dei due mercati, quello alla Mostra di Venezia e quello della Festa di Roma: strabismo o strabismo?

martedì 14 luglio 2015

I 75 anni di Renato Pozzetto, dal Derby al cinema

Renato Pozzetto compie 75  anni. Nato a Laveno-Mombello il 14 luglio 1940, l'attore milanese è popolare sin dalla meta' degli anni '60 ed e' considerato, con Cochi Ponzoni, il capostipite della comicita' surreale.  Ha iniziato nel '64 come cantastorie accanto a Ponzoni fondando poi il 'Cab '64' con Enzo Jannacci, Raffaele Andrasi, Lino Toffolo e Bruno Lauzi. Gli inizi sono nei cabaret milanesi, poi e' arrivato il successo televisivo con ''Quelli della domenica''. La comicita' di Renato Pozzetto, cosi' come quella di Cochi Ponzoni, e' intesa in maniera surreale ed e' a tutt'oggi la base di gag, scenette e battute portate al successo dai mattatori del nuovo ridere come Aldo, Giovanni e Giacomo che lo stesso Pozzetto ritiene suoi eredi ideali, ma anche Antonio Albanese e Paolo Rossi.
Battute, tormentoni, tic lanciati da Cochi e Renato nelle trasmissioni di Raidue che ospitarono la coppia, divennero autentici fenomeni di costume facendo di loro il sodalizio piu' popolare della tv del tempo. In sodalizio con Enzo Iannacci, inoltre, fusero per primi le suggestioni della musica con quelle della risata, secondo uno schema rimasto da allora nel costume televisivo.
Nel '74, all'apice del successo, Pozzetto ha scelto la strada solistica, divenendo protagonista di decine di film-commedia di buon successo commerciale, oltre che pilota di rally per hobby. A distanza di 25 anni Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni sono tornati a fare coppia insieme, con la fiction ''Nebbia in Val Padana'', fedele al loro stile comico

lunedì 6 luglio 2015

"Fuori controllo" con Mel Gibson


Fuori controllo a prima vista può sembrare un altro rappresentante del filonerevenge-movie, quello per intenderci di Charles Bronson e del suo vendicativo e iperviolento Giustiziere della notte, in realtà il film miscela thriller politico, action, poliziesco in un godibile mix interpretato da un intenso e tormentato Mel Gibson, l'attore australiano sorprendentemente immune da ogni artifizio chirurgico fa dei vistosi segni dell'età indubbia virtù caratterizzando un personaggio dolente ben lungi dal mostrarsi allo spettatore come una sorta di vendicatore o deviato vigilante, sullo schermo non si scorge null’altro che un padre furioso e devastato.
Il regista Martin Campbell veterano del cinema di genere, all'attivo per lui un un paio di 007, l’avventuroso La maschera di Zorro e il cinecomic Lanterna verde, non si lascia tentare dalla violenza tout-court da "angelo vendicatore", ne tantomeno dalla spettacolarizzazione formato action di molti thriller di ultima generazione, Campbell gioca invece la carta vincente del formato thriller, svela le carte lentamente, inserisce oculatamente perle di violenza estrema e alla fine confeziona un titolo godibile, in cui gli si può anche perdonare un finale che indugia in un'enfatica retorica da espiazione. 

sabato 4 luglio 2015

Ritorno al futuro compie 30 anni e noi facciamo un gioco d'immaginazione

Ritorno al futuro uscì negli Usa il 3 luglio del 1985: il film di Robert Zemeckis con Michael J. Fox e Christopher Lloyd compie 30 anni, ma proprio questo compleanno ha un curioso valore simbolico.
Sappiamo tutti che il lasso temporale di 30 anni ha un significato specifico nella trama del film, perché Marty McFly torna indietro dal 1985 al 1955, scoprendo un'America diversa, scontrandosi con una mentalità differente. Oggi non possiamo fare a meno di notare che ci separano da quel lontano 1985 esattamente i 30 anni che separavano Marty dal 1955!Rivedere nel 2015 il primo Ritorno al futuro significa ormai viaggiare nel tempo due volte! Gli ultimi trent'anni pesano meno degli altri? Forse no.
Robert Zemeckis ha di recente escluso categoricamente un remake del film: insieme al cosceneggiatore Bob Gale deve per contratto apporre la sua firma a ogni ulteriore uso del marchio in ambito cinematografico, ed è per nostra fortuna inamovibile. "Sul nostro cadavere", sono state le sue testuali parole. Il che ci permette di creare nella nostra testa un immaginario remake senza ansia e senza pensare alla sostituzione di insostituibili attori, pensando solo alle dinamiche della vicenda. Quali elementi bisognerebbe aggiornare in un ipotetico remake? Quali invece non sono invecchiati e si potrebbero lasciare intatti? E' un gioco che costruiamo solo sul festeggiato, cioè sul primo capitolo della trilogia.
Ve l'immaginate un mondo senza internet?
Gli elementi da cambiare, immaginando un Marty attuale, sarebbero tanti. Il nostro eroe vuole sfondare nel mondo della musica e medita di mandare il nastro a una casa discografica: ora si aprirebbe un canale YouTube e/o spererebbe in un talent. I giudici non sarebbero solo quelli della sua scuola... Suo padre poi avrebbe cercato disperatamente di piazzare un libro di fantascienza autopubblicato.
In tutto il film di Zemeckis, per rintracciare qualcuno, bisogna immaginare dove possa essere e chiamarlo col telefono fisso, oppure organizzare appuntamenti di persona: sembra incredibile, ma nell'epoca pre-cellulari facevamo tutti così! C'è anche da scommettere che, stupefatto dal trovarsi nella Hill Valley del 1985, la prima reazione del nostro eroe non sarebbe quella di cercare un giornale per vedere che giorno è: controllerebbe sullo smartphone, prima di realizzare con orrore che non prende! Uno smartphone nel 1985 non avrebbe campo e non avrebbe internet a cui collegarsi, ma potrebbe mantenere informazioni utili, tipo il giorno e l'ora del fatidico fulmine, sempre ammesso che Marty prima di tornare indietro nel tempo abbia visitato il sito relativo... e non abbia svuotato la cache! Immaginate la suspense. La foto dei suoi fratelli che scompaiono sarebbe ovviamente digitale, presente nello stesso telefono.
Il Doc del 2015 otterebbe sempre il plutonio o equivalente da loschi indidui, ma via internet, con tecniche di hacking per non farsi beccare: agli occhi del Doc del 1985 sarebbero procedure da intelligence, difficili da spiegare.
E il vestiario? Forse Marty non avrebbe troppi problemi, visto che la moda degli anni Ottanta a ondate viene riproposta ai giorni nostri, di sicuro però rimarrebbe a bocca aperta di fronte ai monumentali capelli cotonati delle ragazze...
In un 1985 in cui un nero è sindaco di Hill Valley, dire che Obama è il presidente degli Stati Uniti nel 2015 avrebbe un effetto comunque devastante: forse non al livello della citazione di Ronald Reagan nel vero film, ma poco ci manca.
In città nel 1985 ci sarebbe una sala giochi con vari coin-op: Marty al massimo conoscerebbe la grafica dai grandi pixel per alcune sottotendenze retrò dei videogame attuali. Si comporterebbe con i vecchi videogiochi come il Marty del vero film si comportava con le "comiche in cassetta" in casa Baines.
Il Marty del 2015 rimarrebbe probabilmente anche allibito nel vedere un cinema porno in pieno centro, come accade nel 1985 in Ritorno al futuro: nel 2015 non solo i cinema in generale stanno sparendo dai piccoli centri in favore delle multisale periferiche, ma il porno stesso ha traslocato su internet e chi vuole si organizza le sconcezze in casa.
Chiunque di voi che sia più attento al sociale o alla storia potrebbe partecipare a questo gioco, ipotizzando questo remake "a epoche modificate": sarebbe una maniera originale di celebrare i trent'anni di un film altrettanto originale. Una volta che abbiamo riflettuto sui contrasti, è però ancora più intrigante riflettere su ciò che funziona sempre e comunque, il vero segreto diRitorno al futuro...
Storia e personaggi sempreverdi
Può apparire ovvio, ma vale la pena rifletterci: le maschere e i temi di Ritorno al futurotravalicano le epoche, quindi il nostro remake immaginario non avrebbe bisogno di modificare alcunché. Marty è un ragazzo qualunque che sogna, non è particolarmente dotato e non è nemmeno un perdente a tutto tondo: è eterno, così com'è eterna la sua nemesi, Biff il bullo. Sappiamo tutti quale sia la condizione più frequente della mamma dei cretini, un Biff è una certezza nel disegno del cosmo. Oggi più che nel 1985, i genitori di Marty potrebbero inoltre mostrare insicurezze e fallimento senza nemmeno essere dipinti necessariamente come tonti (George) o alcolisti (Lorraine), anche se in America il problema dell'alcolismo è rimasto grave e sentito dalla collettività.
I personaggi di George e Doc s'inerpicano per la strada della realizzazione del sè, nello specifico della realizzazione del creativo. Ci vuole coraggio per essere se stessi e ci vuole ancora più coraggio per esserlo in modo diverso dalla massa: George che cambia la sua vita con un pugno, rivendicando la propria sensibilità, è storia, ma in questo senso bisogna fare attenzione anche al buon vecchio Doc Brown.
Doc funziona perché l'apparizione di Marty nel passato gli conferma la sua identità di creativo: sotto sotto è consapevole di poter essere un imbranato, ma ora sa che inventerà qualcosa... e lo dichiara estatico a Marty. E' il desiderio della conferma, che nella vita reale è un'amara oscura scommessa a lungo termine, ma che una storia sul viaggio nel tempo può comprimere in un'ideale pacca sulla spalla di un'ora e mezza.
Su tutto, la sicurezza degli affetti, familiari e non (amiciza, fiducia, amore), e la difficoltà del ruolo di genitori, che porta a cancellare in modo semiconsapevole ciò che si provava da giovani: niente di tutto questo invecchia.
Dopotutto, la nostaglia che negli anni Ottanta c'era per l'America ingenua dei Cinquanta è simile a quella che c'è oggi proprio per gli Ottanta. Dopo trent'anni, Ritorno al futuro è quindinostalgia al quadrato, letteralmente.

mercoledì 1 luglio 2015

Ted 2

In crisi con sua moglie Tami-Lynn, Ted pensa bene di avere un figlio con lei, sperando che un nuovo nato possa riavvicinarli. Per farlo dovrà ricorrere all'inseminazione artificiale, dopo diverse richieste e tentativi di aggiudicarsi del seme "famoso", la scelta del donatore ricadrà sull'amico di una vita: John. Nel compilare tutta la documentazione necessaria però il governo si accorgerà di non aver mai legiferato sullo status di Ted. È un essere umano o una proprietà? Un processo lo deciderà e la casa di giocattoli Hasbro ha tutto l'interesse che la sentenza affermi che Ted è una proprietà. In quel caso infatti sarebbe una sua proprietà e potrebbe riprenderselo, aprirlo, scoprire come mai vive e infine replicarlo in serie.
Al secondo capitolo della storia di Ted, l'orsacchiotto di peluche che prende vita per rimanere sempre insieme al suo proprietario, crescendo con lui e diventandone il migliore amico, l'asse del film muta. Non è più John il protagonista ma Ted e la sua grottesca lotta per essere riconosciuto come umano. Il pretesto della grande corsa che dopo il primo quarto di film impegna i tre protagonisti (oltre ai due amici c'è anche il più classico dei personaggi aggiunti, ovvero l'avvocato appassionato d'erba di Amanda Seyfried) è dunque la scoperta di cosa renda umano gli umani e quindi anche Ted. L'esito sarà abbastanza banale ma condito, come il resto del film, di un umorismo dai tempi e dalle trovate folgoranti.
Seth MacFarlane ha il merito di scrivere, dirigere e interpretare (c'è lui dietro al performance capture e al doppiaggio dell'orsacchiotto) le gag più note come se fossero nuove, rinfrescando sia la tradizione più ovvia del cinema comico, le gag fisiche e di montaggio, che quella più moderna da lui affinata, fondata sul gioco con la cultura pop e le celebrità (alcune delle quali fanno qui dei cammei abbastanza stiracchiati) e sui bersagli più spinosi (in una scena molto efficace i due amici sfidano dei comici a far ridere su Charlie Hebdo, l'11 Settembre o Bill Cosby, di fatto facendo loro stessi della comicità sull'intoccabilità di simili tematiche).
Privo della forza sentimentale e metaforica del primo film, a Ted 2 non interessa portare ancora avanti il discorso sugli adulti rimasti ragazzini portandosi effettivamente dietro l'amico immaginario cresciuto assieme a loro, ma preferisce virare sul terreno del surreale puro, cercando le sole risate e la rappresentazione dello spettatore contemporaneo. Non c'è infatti dubbio sul fatto che sia il primo che il secondo Ted siano le opere moderne che meglio mostrano, criticano e raccontano spirito, idiozia e sogni del target ad oggi prediletto dagli studios hollywoodiani. Pronti a masturbare un eroe del football ("Non so se sono all'altezza! Lui merita il meglio!") come a fermarsi durante una furiosa ricerca per ascoltare l'annuncio di chi sarà il prossimo attore ad interpretare Superman ("Jonah Hill!" - "Dannazione!") e infastiditi nel dover correggere ogni volta chi non distingue Guerre stellari da Star trek o non ha visto Rocky III, John e Ted sono l'evoluzione dei Clerks di Kevin Smith. Mentre gli impiegati in bianco e nero negli anni '90 annunciavano il punto di riferimento futuro per il cinema americano di fatto raccontando la realtà, i due amici fattoni di Seth MacFarlane santificano quel tipo di cultura e di atteggiamento verso la vita in un tripudio demenziale, una parodia della realtà che mette la lente d'ingrandimento su alcune sue caratteristiche. Privi della vitalità che una volta si sarebbe associata ad una simile canonizzazione (non muoiono appresso alle donne nè hanno pulsioni fisiche forsennate) i due uomini medi di Ted 2 mettono in scena non solo il proprio uditorio ma soprattutto il simulacro del pubblico che l'industria moderna ha in testa, quello che alla fine raggiungono e a cui si uniscono nel Comic-Con.